
Diritto alla salute in carcere: sfide e prospettive
Se parliamo di diritto alla salute in carcere i numeri parlano chiaro e non possono essere ignorati: secondo il dossier del Garante nazionale dei detenuti tra il 2021 ed inizio 2025, si sono verificati 334 suicidi nelle carceri italiane, con una media di circa 73,5 suicidi all’anno, con un minimo di 59 nel 2021 ed un massimo di 91 nel 2024. Inoltre, il tasso di affollamento nazionale è del 133%.
Il diritto alla salute, ex art. 32 della Costituzione viene effettivamente rispettato nelle carceri italiane?
Un diritto universale, anche oltre le sbarre
Dal punto di vista giuridico, parlare di salute non significa riferirsi soltanto ad una condizione di assenza di malattia, la salute infatti include anche il benessere biologico e psichico dell’individuo, non fanno eccezione i detenuti.
Il diritto alla salute è infatti un diritto umano universale, anche i reclusi in carcere hanno diritto ad essere curati, assistiti e protetti.
Sulla carta i detenuti godono di un’ampia tutela del diritto alla salute; i principi dell’art. 32 Cost. trovano attuazione nella legge sull’ordinamento penitenziario Legge n. 354/1975.
Gli artt. 5-10 O.P., tutelano, preventivamente, la salute dei detenuti e garantiscono il rispetto delle condizioni minime ambientali ed igieniche, l’art. 11 O.P., disciplina il servizio sanitario all’interno degli istituti di pena. L’ordinamento, nei casi più gravi, quando le condizioni di salute sono incompatibili con la detenzione, prevede misure alternative al carcere, come la detenzione domiciliare (art. 47-ter della legge n. 354/1975).
L’ordinamento penitenziario, mira a garantire le esigenze sanitarie della popolazione detenuta, perché lo status detentionis non dovrebbe mai tradursi in una privazione della dignità o dei diritti fondamentali degli individui.
Nonostante ciò, spesso nelle carceri italiane accade il contrario.
Sovraffollamento: una violazione strutturale
La prima e più evidente violazione del diritto alla salute deriva dal sovraffollamento. Attualmente, le carceri italiane ospitano un numero di detenuti superiore alla capacità reale degli istituti, arrivando in 60 strutture a un tasso di affollamento del 150%, con spazi destinati a una persona occupati da due, tre o più detenuti.
Il sistema penitenziario italiano ha visto un costante aumento della popolazione carceraria, causato, principalmente, da scelte di politica criminale che hanno favorito l’uso della pena detentiva rispetto ad altre sanzioni, limitato l’accesso alle misure alternative e incrementato la carcerazione preventiva. Questo incremento, unito alla riduzione dei posti disponibili per l’obsolescenza degli edifici, ha portato a un sovraffollamento insostenibile e, di conseguenza, le condizioni di vita e di salute all’interno delle carceri sono peggiorate, provocando gravi violazioni dei diritti fondamentali dei detenuti.
Violazioni che anche la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha più volte condannato all’Italia, con sentenze che evidenziano come l’Italia debba adottare misure concrete per migliorare le condizioni detentive eliminando il degrado in cui versano i detenuti.
Il giudice europeo ha infatti affermato che il divieto di tortura e di trattamenti disumani stabilito dall’art. 3 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo è uno dei valori primari delle società democratiche e, a differenza di altri diritti fondamentali previsti dalla Convenzione, non ammette eccezioni.
Il nostro Paese ha cercato di rispondere a queste condanne attraverso una serie di riforme, ma i risultati sono stati, finora, inefficaci. Questo, purtroppo, vale anche per il recente D. L. n. 92/2024, convertito l’8 agosto 2024 in legge (L. 112/2024).
Una risposta non solo strutturale, ma culturale
La risposta alla crisi carceraria non può essere solo di tipo strutturale, è necessario un cambiamento culturale che veda il carcere non solo come luogo di punizione, ma anche come luogo di cura, di rieducazione e reintegrazione.
Questo significa, in primo luogo, investire maggiormente nella sanità penitenziaria, assicurando che ogni detenuto abbia accesso a cure mediche tempestive e adeguate. In secondo luogo, è fondamentale potenziare il supporto psicologico, aumentando il numero di psicologi e psichiatri all’interno delle carceri. Infine, le carceri italiane devono essere modernizzate, superando il problema cronico del sovraffollamento e migliorando le condizioni igieniche, di spazio e di interazione sociale.

- Posted by Giulia Giordanelli
- On 9 Giugno 2025