Clausola penale: la Cassazione esclude la natura vessatoria
Art. 1382 c.c.
L’art. 1382 c.c. dispone che “la clausola, con cui si conviene che, in caso di inadempimento o di ritardo nell’adempimento, uno dei contraenti è tenuto a una determinata prestazione, ha l’effetto di limitare il risarcimento alla prestazione promessa, se non è stata convenuta la risarcibilità del danno ulteriore.
La penale è dovuta indipendentemente dalla prova del danno”.
Secondo quanto previsto dal suddetto articolo, dunque, i contraenti possono stabilire convenzionalmente di inserire nell’accordo una clausola che abbia funzione di:
– incentivare le parti alla corretta e tempestiva esecuzione delle prestazioni inserite nel contratto, così rafforzando le possibilità di puntuale adempimento delle stesse;
– prevedere una sanzione per la parte inadempiente;
– predeterminare l’ammontare del danno dovuto alla parte creditrice, esonerando quest’ultima dalla necessità di adire l’autorità giudiziaria per la prova e per la quantificazione del danno;
– evitare l’eventuale risoluzione del contratto e la conseguente fase giudiziale, liquidando in via anticipata e forfettaria il danno, indipendentemente dal suo ammontare effettivo, che potrebbe essere minore o maggiore rispetto a quello previsto dalla penale;
– limitare il risarcimento alla prestazione promessa, a meno che non sia stata convenuta dalle parti la risarcibilità del danno ulteriore, che sarà a sua volta da provarsi.
Art. 1383 C.C.
Il successivo art. 1383 c.c. introduce il divieto di cumulo della penale, disponendo che “il creditore non può domandare insieme la prestazione principale e la penale, se questa non è stata stipulata per il semplice ritardo”.
Tale articolo vieta il cumulo tra la domanda di condanna all’adempimento della prestazione principale e quella di condanna al pagamento della penale per inadempimento della stessa prestazione.
Tuttavia, non è da escludersi che la parte possa domandare cumulativamente l’adempimento della prestazione principale e la corresponsione della penale laddove quest’ultima sia stata stipulata per il danno da ritardo nell’adempimento della medesima prestazione.
Il Legislatore ha inteso così distinguere le due fattispecie giuridiche di inadempimento e di ritardo nell’adempimento aventi ad oggetto la stessa obbligazione contrattuale.
Ai sensi dell’art. 1384 c.c. sulla riduzione della clausola penale “la penale può essere diminuita equamente dal giudice, se l’obbligazione principale è stata eseguita in parte ovvero se l’ammontare della penale è manifestamente eccessivo, avuto sempre riguardo all’interesse che il creditore aveva all’adempimento”.
Limiti riconosciuti dal Legislatore
Proprio in ragione della principale funzione della clausola penale – e cioè predeterminare l’ammontare del risarcimento in caso di inadempimento o di ritardo nell’adempimento di una prestazione contrattuale – il Legislatore del 1942 ha posto dei limiti all’autonomia negoziale riconosciuta in capo ai privati e, coerentemente, all’efficacia della clausola penale, evitando che la stessa possa dare luogo a degli abusi o perseguire scopi di lucro.
Nella prassi, infatti, ricorrono con frequenza le ipotesi in cui viene prevista una penale totalmente sproporzionata rispetto al valore del contratto e all’interesse della parte all’adempimento della prestazione.
Pertanto, è espressamente riconosciuto in capo al giudice il potere di ridurre la penale in via equitativa in due circostanze: esecuzione parziale dell’obbligazione principale ed ammontare manifestamente eccessivo della penale.
Art. 1384 C.C.
La ratio dell’istituto della riduzione della penale previsto dall’art. 1384 c.c. è quella di:
– ricondurre l’autonomia privata, della quale la clausola penale è espressione, nei limiti in cui è meritevole di tutela nell’ordinamento giuridico mediante un equo contemperamento degli interessi contrapposti;
– tutelare e ricostituire l’equilibrio contrattuale, evitando che da un inadempimento parziale o, comunque, di importanza non enorme, possano derivare conseguenze troppo gravi per l’inadempiente;
– evitare un ingiustificato arricchimento della parte che la esige in quanto la penale non può rappresentare un mezzo di speculazione.
In merito alla natura vessatoria o meno della clausola penale la Suprema Corte di Cassazione si è recentemente pronunciata statuendo che “in materia contrattuale le caparre, le clausole penali ed altre simili, con le quali le parti abbiano determinato in via convenzionale anticipata la misura del ristoro economico dovuto all’altra in caso di recesso o inadempimento, non avendo natura vessatoria, non rientrano tra quelle di cui all’art. 1341 c.c. e non necessitano, pertanto, di specifica approvazione” (Cass. civ., Sez. II, Sentenza, 30/06/2021, n. 18550).
Alla luce di tale orientamento giurisprudenziale, quindi, sarebbe da escludersi la possibilità di ricondurre la clausola penale tra condizioni contrattuali previste dall’art. 1341 c.c., comma 2, per la cui validità è richiesta la specifica approvazione per iscritto da parte di entrambi i contraenti.
- Posted by MepLaw
- On 17 Novembre 2021